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Dressed.. to play: un trio d'eccezione per Brahms e Chopin

A volte il peccato di rubare la musica degli altri viene perdonato dallo stesso autore, che in molti casi è anche il primo a infrangere il comandamento. Anche Johannes Brahms, per esempio, è stato un trascrittore sensibile e discreto di se stesso, come dimostra la lunga metamorfosi del suo Primo Concerto per pianoforte, che nel suo stadio iniziale era una Sonata per due pianoforti. Il caso del Trio op. 114 è ancora diverso. Agli inizi del 1891, dopo aver deciso di ritirarsi dalla composizione, Brahms ascoltò il Concerto per clarinetto di Mozart interpretato da un meraviglioso musicista dell'orchestra di Meiningen, Richard Mùhlfeld, e l'incontro con il suono brunito e melanconico di questo solista rimescolò un po' le acque stagnanti della sua creatività. Forse sentiva che la maniera di suonare di Mùhlfeld era in grado dí esprimere la luce autunnale del suo animo e stese uno dopo l'altro, nel corso dell'estate del 1891, due lavori da camera nei quali il clarinetto assume un ruolo quasi concertante, il Trio per clarinetto, violoncello e pianoforte Op.114 e il Quintetto per clarinetto e archi Op.115. Tre anni dopo Brahms tornò ancora a scrivere per Mùhlfeld e il clarinetto, questa volta una coppia di Sonate Op.120 che suggellano in maniera definitiva la sua produzione strumentale. L'innamoramento per uno strumento come il clarinetto, capace di esprimere con il suo timbro vellutato gli accenti più melanconici, non rappresenta tuttavia un improvviso segno di debolezza senile. Brahms era portato per indole alla nostalgia e aveva sempre prediletto nella sua scrittura il registro medio-grave. Non c'è da stupirsi dunque se il clarinetto ha riacceso la fantasia dell'ultimo Brahms, che a sua volta ha chiuso un occhio con benevolenza quando qualcuno gli ha proposto la possibilità di eseguire con la viola le due Sonate per clarinetto. Per estensione, la viola ha ottenuto il beneplacito dell'autore a sostituire il clarinetto anche nel Trio, che a differenza del Quintetto si presta bene allo scambio dei ruoli. Del resto, quanto la viola fosse da tempo nel cuore di Brahms è testimoniato in maniera eloquente dai due stupendi Gesaenge Op.91 pubblicati dall'editore Simrock nel 1884. Il fascicolo raccoglieva due lavori abbozzati anni prima e finalmente rimaneggiati nel corso di quell'estate in una versione definitiva. Il primo, su un testo di Friedrich Rùckert, è un'aria di stampo barocco con una viola obbligata, che intreccia uno struggente dialogo con la voce di contralto. Le ricche immagini della lirica rivelano l'influsso della poesia orientale su Rùckert, che trasfigura le impressioni più profonde dell'anima in una grande allegoria della natura. Il secondo canto, anch'esso di forma più complessa rispetto a un Lied, risale amolti anni prima. Nel 1864 infatti era nato il primo figlio del violinista Joseph Joachim e della moglie Amalie, una coppia di amici fraterni. Brahms non aveva potuto assolvere i suoi doveri di padrino al battesimo del figlioccio, ma inviò in compenso questa delicatissima ninna-nanna spirituale, una tenera immagine della natività del poeta spagnolo Lope De Vega tradotta in tedesco da Emanuel Geiber. Amalie Weiss era una grande cantante, dotata di una splendida voce di contralto, e l'idea di Brahms fu di raffigurare in questo Gesang il dolce e intimo abbraccio di una famiglia di artisti, stretti attorno alla loro piccola creatura. Il violoncello di Mario Brunello prende il posto della voce di contralto, trasformando i due Canti di Brahms in una coppia di romanze senza parole, forse in armonia con la convinzione di Mendelssohn che la musica, a differenza della parola, non mentisce mai. L'ultimo travestimento, forse il più audace, riguarda Danilo Rossi, che costringe la sua viola a suonare la parte di violino del Trio Op.8 di Fréderic Chopin. La partitura non viene ín alcun modo alterata e mantiene la sua tonalità originale di sol minore. L'unica concessione alla natura diversa dei due strumenti consiste nell'aver spostato la frase all'ottava inferiore in un paio di passaggi. Ma anche in questo caso l'idea di rubare la parte al violino era venuta in mente per primo allo stesso autore, che il 31 agosto 1830 scriveva una lettera all'amico di Varsavia Tytus Woyciechowski, al quale manifestava il dubbio di 'usare una viola al posto del violino, perché nei violini è il cantino la corda che si usa di più, e là non è molto sfruttato'. Inoltre, proseguiva, la forza della viola avrebbe forse contrastato in maniera più efficace il suono del violoncello, che in effetti è un po' il protagonista del lavoro. Alla fine Chopin lasciò tutto così com'era, ma il solo fatto di averci pensato rappresenta per un violista una specie di istigazione a delinquere. Vale la pena di commettere il reato, in ogni caso, perché il Trio in sol minore contiene delle magnifiche idee musicali e mette in luce il precoce talento compositivo del giovane Chopin, che aveva abbozzato il grosso del lavoro ancora da studente, a Varsavia, tra il 1828 e il 1829. Questo giustifica forse qualche debolezza nella forma, ancora legata a schemi classici e molto lontana dalla sconvolgente originalità delle sue composizioni mature. Tuttavia il Trio Op.8 meriterebbe senz'altro di essere conosciuto di più in sala da concerto e il fatto di riproporlo in una versione con la viola, seguendo il primo istinto dell'autore, aggiunge a questo disco un ulteriore motivo d'interesse.

(Da una presentazione di Oreste Bossini)

In questo Cd

Dressed... to play: chamber music for viola

Johannes Brahms (1833-1897)
Trio in la minore Op.114

Fréderic Chopin (1810-1849)
Trio ni sol minore Op.8

Johannes Brahms (1833-1897)
Zwei geistliche Lieder Op.91

Interpreti: Danilo Rossi, viola - Mario Brunello, violoncello - Andrea Lucchesini, pianoforte
Editore: Limen Music

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